Atri
Il turista interessato alla cultura classica non potrà fare a meno di stupirsi, ammirando lo splendore di quello che i più
ritengono uno dei più bei templi romano-gotici dell’Italia centro-meridionale, soprattutto perché questo gioiello dell’arte di tutti i tempi, la chiesa di S. Maria de Hatria, sorge in un piccolo borgo (poco più di 11.000 abitanti al censimento del 2011) dell’entroterra adriatico, Atri, in provincia di Teramo, a circa mezz’ora d’auto da Roseto.
Questa amena località del piceno si allunga discreta e sonnolenta sulle creste delle dolci colline che fanno da preziosa quinta alle guglie appenniniche non molto distanti. Essa vanta precedenti storici di notevole interesse ed anche il primato (non da tutti condiviso) di aver dato il suo nome al mare Adriatico (conosciuto dai Romani come mare Hatriaticum), in quanto le sue fortificazioni, in tempi molto lontani, proteggevano dall’alto un’ampia ansa di quel mare, all’epoca molto più vicino, offrendo riparo sicuro alle imbarcazioni dell’epoca. Resti romani dell’antico porto si possono ancora ammirare nei pressi della torre saracena denominata Torre Cerrano, visibile dalla terrazza panoramica di Atri, almeno a coloro che praticano l’archeologia subacquea (nei pressi della torre è attivo un piccolo ma attrezzato diving center che organizza escursioni all’antico porto romano).
L’antica Hatria, fondata da popolazioni picene, poteva vantarsi di aver prestato protezione e valido aiuto alle truppe romane nel corso della seconda guerra punica contro la città di Cartagine, nella campagna condotta dai romani in Italia contro Annibale, come ricorda Tito Livio negli annales.
L’imponente mole della cattedrale, dedicata a S. Maria Assunta, domina la piazza principale del paese. È un superbo esempio di architettura medievale, tutta in pietra d’Istria, consacrata nel 1221.
All’interno l’emozione riempie l’animo del visitatore, quando questi si ferma ad ammirarel’affresco denominato “l’incontro dei tre vivi e dei tre morti” databile alla metà del Duecento,capolavoro assoluto di grazia cortese, soprattutto per quel che riguarda i ritratti dei giovani nobili, e senza trascurare alcune invenzioni riguardanti gli elementi naturalistici dello sfondo, che in qualche misura anticipano la rivoluzione pittorica dei tempi di Giotto. La controfacciata e le navate conservano inoltre vaste porzioni di affreschi databili XIV e XV secolo, quasi tutti di elevato livello qualitativo e attribuibili ad artisti noti, quali il misterioso maestro di Offida, particolarmente attivo nelle Marche, Antonio da Atri, lo stesso artista attivo a Manoppello e a L’Aquila, Ugolino da Milano, artista seguace della scuola bolognese e della maniera gotica internazionale diffusa nel settentrione in quel periodo. Ma di certo il momento più spettacolare che la visita alla cattedrale di Atri può riservare al turista è la scoperta del Coro dei Canonici e della sua sfolgorante decorazione realizzata, tra il 1470 e il 1480, da Andrea Delitio, il grande pittore nato a Lecce dei Marsi, la cui formazione rimane ancora avvolta nel mistero ma le cui realizzazioni artistiche rappresentano un momento altissimo nella storia dell’arte abruzzese. Nella sua pittura troviamo infatti per la prima volta nella nostra regione l’espressione delle innovazioni apportate all’arte italiana dal primo rinascimento fiorentino, con particolare riferimento alla prospettiva matematica nitida e ardita di Piero della Francesca e Paolo Uccello: il ciclo di affreschi con le storie di Gioacchino e Maria nel coro della cattedrale rappresentano un capolavoro assoluto. Copre il Coro una crociera quadripartita con Evangelisti e Dottori della Chiesa in cui rivive forse il ricordo della volta con analogo soggetto della Basilica superiore di Assisi. Nei tre registri del Coro, occupati dalle storie di Gioacchino e della Vergine, si aprono ampie prospettive che inquadrano portici, palazzi dell’epoca, interni domestici, descritti con dovizia di particolari e senso narrativo del racconto che avvicinano la pittura di Delitio a quella di un nutrito gruppo di artisti ancora in bilico tra raffinatezze tardogotiche e rigore rinascimentale quali Masolino da Panicale, Gentile da Fabriano, Domenico Veneziano e Beato Angelico. Per la sua complessità e originalità risulta difficile dire se l’ arte di Andrea Delitio rappresenti il momento conclusivo della stagione della pittura medievale abruzzese o piuttosto l’inizio di quella rinascimentale.
Anche il resto del piccolo centro medievale del borgo merita una visita. Il corso principale, la chiesa di S. Agostino, il palazzo dei Duchi di Acquaviva, il piccolo museo capitolare sono sicuramente altrettante mete degne di una visita attenta.